V OSSERVATORIO GOVERNANCE DELLA SOSTENIBILITA’: CDA SEMPRE PIU’ SOSTENIBILI, RUOLO DEL SUSTAINABILITY MANAGER SEMPRE PIU’ CENTRALE

12 Lug, 2023 | NEWS

12 luglio 2023 – Presentata la quinta edizione dell’Osservatorio “Governance della sostenibilità”, istituito nel 2013 da Sustainability Makers e ALTIS Graduate School of Sustainable Management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con lo scopo di monitorare l’integrazione della sostenibilità nella corporate governance in Italia e in Europa.

I risultati dello studio e la registrazione del webinar di presentazione sono disponibili a tutti a questo link, mentre qui è disponibile il comunicato stampa.

Questa edizione per la prima volta supera i confini europei analizzando un campione di oltre 1.400 aziende quotate in tutto il mondo, attraverso lo studio di un database internazionale e di dati empirici provenienti da diversi documenti aziendali, tra cui la relazione sulla corporate governance, quella sulla remunerazione, il bilancio di sostenibilità e i curriculum vitae dei membri dei Consigli di Amministrazione delle aziende oggetto di analisi.

Se nel 2013 solo una su 4 delle grandi aziende quotate aveva un comitato di sostenibilità all’interno del CdA, oggi nelle imprese italiane e in quelle francesi, i comitati endo-consiliari con deleghe alla sostenibilità sono presenti nel 92,5% dei casi: la loro presenza ormai è lo standard, un risultato che evidenzia l’effetto a lungo termine dei codici di autodisciplina sulle aziende di quei paesi nel promuovere una governance sostenibile. Se Italia e Francia sono leader per questo aspetto, gli USA rappresentano il fanalino di coda con solo l’11% delle aziende quotate al Nasdaq.

Guardando all’interno di tali comitati, emerge la fotografia delle responsabilità affidate ai comitati di sostenibilità: in Italia, nel 45,9% dei casi è presente un comitato all’interno del CdA dedicato esclusivamente alla sostenibilità; tuttavia, è frequente trovare anche comitati con più deleghe, soprattutto con la sostenibilità unita al controllo dei rischi (24,3%).

Questo dato solleva una questione importantissima, ossia se l’attuale approccio alla governance della sostenibilità rappresenti una potenziale perdita di opportunità, in quanto sembra non considerare la sostenibilità come una leva di competitività” – osserva Matteo Pedrini, Direttore Scientifico di Sustainability Makers.

Il gruppo di ricerca si è poi domandato se coloro che siedono nei C.d.A. abbiano competenze di sostenibilità, andando ad analizzare più di 2.500 curriculum vitae di membri dei consigli di amministrazione. È incoraggiante notare che quasi tutte le aziende quotate nell’indice FTSE-MIB (85%) hanno almeno un consigliere con tali competenze; d’altro canto, se guardiamo al quadro complessivo, in media in Italia solo 1 consigliere su 6 è competente in sostenibilità.

La transizione sostenibile richiede un ampio ventaglio di competenze, purtroppo ancora assenti in molti casi o poco diffuse: il quadro emerso potrebbe sembrare allarmante, considerata l’urgenza di integrare la sostenibilità nel modello di business e nel modo di operare delle imprese, in direzione degli obiettivi di transizione ambientale e di responsabilità sociale” – commenta Matteo Pedrini “è qui che diviene sempre più strategico il ruolo del professionista della sostenibilità chiamato a promuovere la formazione e lo sviluppo di competenze di sostenibilità tra i consiglieri, per esempio attraverso processi di induction e di consolidamento della cultura sostenibile tra le varie funzioni aziendali”.

Dall’Osservatorio, inoltre, è emerso come la presenza di forme di governo della sostenibilità non sia sempre sufficiente a migliorare le performance economiche, ambientali e sociali delle imprese. A livello globale (S&P1200) 2 aziende su 5 hanno un comitato endo-consiliare o manageriale dedicato esclusivamente al presidio delle tematiche socio-ambientali; sono meno diffusi gli schemi di remunerazione sostenibile e le competenze. Inoltre, questi dati sono ancora più bassi se si considera l’indice delle aziende più performanti (S&P500).

In Italia, la presenza di forme di governo della sostenibilità sembra portare a un discreto miglioramento delle performance ambientali e sociali, mentre non sembra rilevante per le performance economiche.

A livello internazionale, l’effetto sulle performance è maggiormente rilevante, soprattutto nei contesti dove le aziende scelgono liberamente come integrare la sostenibilità nella governance.

Ma quanto sono incentivati a livello di remunerazione i vertici aziendali? Sempre di più, in quanto emerge come la presenza di obiettivi di sostenibilità negli schemi di remunerazione dei vertici abbia subito una forte accelerazione: quasi tutte le principali aziende italiane quotate (87,5% FTSE-MIB) hanno inserito obiettivi di sostenibilità nei loro schemi di remunerazione. Osservando gli altri paesi, in Francia il 100% delle aziende CAC-40 ha inserito tali obiettivi sostenibili, sulla scia delle raccomandazioni del codice di autodisciplina; nel Regno Unito la diffusione di questi obiettivi riguarda il 76,8% delle aziende, mentre negli USA la presenza è residuale (14%). È molto interessante notare come gli obiettivi più diffusi riguardino i temi della diversity (48,5% FTSE-MIB), le emissioni (prevalenti in Francia e UK) e quelli di Sicurezza e Salute dei dipendenti.

L’OSSERVATORIO GOVERNANCE DELLA SOSTENIBILITA’ CONTINUA

Nell’autunno 2023 con il 2° “G4S Forum” – Governance for Sustainability Forum, un momento di confronto tra professionisti ed esperti per approfondire i 3 temi chiave dello studio, ossia comitati di sostenibilità, remunerazione, competenze), e con le interviste ai Sustainability Professional in vista della realizzazione di casi studio sul tema che verranno presentati nella primavera del 2024.

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